Lettera aperta sulla “tassa” di soggiorno
Dovremmo cominciare a chiamare le cose con il loro nome. Si dice IMPOSTA di soggiorno e non tassa, e la differenza è sostanziale (clicca qui per appronfondire).
L’imposta di soggiorno la paga il turista alla struttura ricettiva dove è stato ospitato su base percentuale o secondo delle tariffe stabilite; il gestore della struttura, a sua volta, la versa al proprio Comune che la utilizzerà per le finalità previste, possibilmente per attività che influiscano sullo sviluppo turistico.
In Italia ricordiamo la legge 11 dicembre 1910, n. 863, che dava facoltà ai Comuni di istituire una tassa di soggiorno per lo sviluppo delle stazioni climatiche o balneari (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 dicembre 1910, n. 294), modificata, poi abolita a decorrere dal 1989 (per i mondiali di calcio) ed oggi, con la legge sul federalismo fiscale, l’imposta è tornata ad essere applicabile.
In Francia la Taxe de séjour ha festeggiato i 100 anni.
La domanda da porsi sull’imposta di soggiorno non è “sì o no?” perché la risposta è “assolutamente sì!“.
Ognuno di noi viaggia ed ognuno di noi, consapevole o no, paga negli altri Paesi l’imposta di soggiorno e comunque, mia personalissima opinione, non c’è niente di male che un turista dia il proprio contributo alla comunità che lo ospita. Dobbiamo però ricordare che un turista è sempre un cliente e che sceglie di soggiornare in un luogo o in una struttura rispetto ad un’altra anche sulla base del prezzo.
Nel corso di questi ultimi anni ho registrato molti dubbi sulla imposta di soggiorno anche perché continua ad essere chiamata impropriamente tassa, evocando concetti negativi.
Non volendo fare un trattato su questo tema, mi sento però di accennare ad alcuni aspetti.
In un territorio, meglio, in una destinazione turistica l’imposta di soggiorno deve essere applicata da tutti i comuni ed in maniera uniforme, altrimenti si creano distorsioni e gli operatori turistici vanno in completa confusione soprattutto nella determinazione del prezzo da applicare al turista … e quando c’è confusione la scelta ricade su una diversa destinazione turistica.
In alcune destinazioni turistiche per calcolare le tariffe dell’imposta di soggiorno bisogna essere dei matematici esperti quasi nella shortlist di un Premio Nobel. Conclusione: confusione e la scelta degli operatori potrebbe ricadere su altre destinazioni.
Ho notato che l’imposta di soggiorno può creare malcontento, incomprensione da parte degli operatori locali ed insoddisfazione da parte dei turisti arrivati a destinazione.
Quindi arriviamo al focus della questione: non si deve discutere se l’imposta di soggiorno vada o non vada applicata, ma su che iniziative le somme raccolte vengono impiegate. E questo dovrebbe avere come risultato un piano condiviso sia dal pubblico che dal privato.
Di conseguenza, diventa un elemento fondamentale la comunicazione: devo dire che visitando i vari siti delle amministrazioni italiane, vi è approfondita informazione su come applicare l’imposta, sulle procedure soprattutto per il versamento. Ma poco, veramente poco, viene organizzato per comunicare al turista (e non solo) quali importanti iniziative vengono realizzate con quelle somme. E’ questo vediamo che diventa spesso un boomerang.
In conclusione, anche l’imposta di soggiorno può influire sulla web reputation di una destinazione, potendo favorire maggiori o minori flussi.
E attenzione …….. i turisti non perdonano!
Nota finale: le foto sono state prese da altri siti e vi assicuro che ce ne sono di molto più divertenti, ma non pubblicabili ……